La solita pappa al pomodoro?
Beh, premesso che se fosse anche la “solita” in questo solita non ci vedrei nulla di più speciale, dato che è uno dei miei piatti preferiti. Pomodori freschi e maturi, pane casereccio, verdissimo basilico fresco che mette allegria solo a vederlo e sentirne il profumo. Un piatto povero, nato dalla necessità di recuperare pane vecchio per non sprecare nulla impreziosendolo con i sapori che quasi tutte le famiglie avevano o era molto semplice ed economico reperire.
Come spesso capita anche in contesti differenti da quello del cibo, dalla difficoltà nascono spesso le cose migliori.
Ed è così che le nostre nonne creavano quella magia di profumi e sapori, ognuna a proprio modo, senza dosi ne una ricetta specifica, assaggiando, provando, sbirciando gli sguardi dei familiari che assaggiavano, per poi custodire tenacemente nelle proprie mani gli stessi amorevoli e pazienti gesti.
Gesti ripetuti anno per anno che creano quei ricordi indelebili in chi ha avuto la fortuna di avere qualcuno che si è preso cura di lui, lasciando nel cuore il ricordo del profumo di una pentola che sobbolle dolcemente sul fuoco, ricordo che rimane legato indissolubilmente ai fili imbiancati dei capelli della propria nonna così che, ad anni di ditanza basta sentire un certo profumo per sentirsi scaldare il cuore.
Ogni famiglia probabilmente ne faceva una diversa o, ancora meglio, ogni famiglia la faceva in modo diverso a seconda di quello che aveva, che la fantasia suggeriva o che l’assecondare del gusto specifico delle persone amate ne faceva variare ingredienti.
Come tutte le ricette contadine, a mio avviso, non si può parlare de “La ricetta”. E questa la trovo una cosa molto bella perchè lascia spazio alla fantasia, alla cura e alla eterogeneità di una cultura o delle disponibilità familiari.
Ed è sicuramente da mani che sapevano quello che facevano e che mettevano amore nell’atto di nutrire che nasce questa ricetta di Nonna Paola, una ricetta che ho scoperto durante il corso al Joia e che, anche se non era specifico oggetto di studio del corso, mi ha molto colpita e che ho trovato bello e poetico che la nipote, bravissima e giovanissima dello staff del Joia, proponesse a noi come “coccola”.
E che Caterina e Nonna Paola mi perdonino se non non sono riuscita a capire e carpire tutti i passaggi (nel frattempo stavo seguendo il corso), probabilmente si tratta di una libera interpretazione della ricetta ma ne è uscito un piatto altrettanto armonico di quello che ricordo di avere mangiato e mi sono permessa di proporlo così come lo ho fatto ieri sera cercando, a mia volta, di coccolare le persone che amo.
PAPPA AL POMODORO DI NONNA PAOLA
COSA CI VUOLE:
(Dosi Nonnesche di:)
- Abbondanti cipolle di Tropea
- Spicchi di aglio fresco
- Abbondante basilico tritato
- Pane secco casereccio (il toscano, ovviamente, sarebbe perfetto)
- Gambi del prezzemolo
- Una costa di sedano
- Manciata di capperi
- Pomodori rossi e ben maturi
- Aceto
- Brodo di verdure
- 1 bottiglia di salsa di pomodoro
- Sale, pepe
COME SI FA:
La sera prima di cucinare, mettere sottovuoto (o in una busta sigillata) acqua e un pochino di aceto con il pane seccoin modo che si ammorbidisca ben bene durante la notte. Io mi sono portata avanti preparando in anticipo anche un brodo di verdure leggero utilizzando gli scarti di verdure che avevo del giorno (carote, sedano a cui ho aggiunto una cipolla ed un pomodoro).
Il giorno successivo: accendere la musica e canticchiare mentre si cerca di non piangere affettando amorevolmente a fettine molto sottili le cipolle di Tropea (in alternativa, ma sempre canticchiando per non prendersi troppo sul serio, infilarsi gli occhiali da piscina come la mia compagna di corso Clara fa fare ai suoi allievi:).
Tritare molto finemente l’aglio (io ne ho approfittato per provare la tecnica di taglio imparata al Joia, la brunoise).
Tritare grossolanamente con il coltello una manciata di capperi, la costa di sedano ed i gambi del prezzemolo.
Mettere su una pentola di acqua bollente e tuffarci i pomodori per qualche secondo per poi metterli in acqua e ghiaccio. Togliere pelle, semi e fare a dadini i pomodori.
Fare un soffritto con olio evo e le cipolle di Tropea: non appena sono appassite mettere aglio, sedano, capperi e gambi di prezzemolo e fare “improfumare” per bene cucina, capelli e vestiti (che non si dica che non avete cucinato!) stando attenti a non cuocere troppo l’aglio che, se troppo cotto o con temperature troppo alte, perde il suo migliore profumo cambiando irrimediabilmente sapore.
A questo punto aggiungere i pomodorini, salare e abbassare la fiamma. Dopo 10 minuti aggiungere la salsa di pomodoro ed il brodo vegerale e lasciare stufare dolcemente. Dopo circa 40 minuti aggiungere il pane, strizzato e lasciare cuocere e amalgamare i sapori prima di fare aggiustamenti: sale ed aggiunta di aceto, nel mio caso. Se troppo secco aggiungere altro brodo vegetale e poi fare andare a piacere fino alla consistenza desiderata che, nel mio caso, era quella del piatto assaggiato al corso: cremosa (per coccolare e coccolarsi) ma con ancora dei pezzi grossolani che davano un po’ di consistenza.
Infine: aggiungere il basilico, pepe, buon olio e lasciare riposare ancora 10 minuti prima di portarlo in tavola e condividire questa profumatissima pentola con chi si ama:)